Dall’Impero Persiano allo Stato iraniano
Dopo la morte di Alessandro il Macedone, l’Impero Persiano venne spartito tra i suoi generali (diadochi): l’Iran appartenne ai Seleucidi fino al II sec. a.C., quando rinacque sotto il Regno dei Parti, a cui seguirono, nel III sec. d.C., i Sassanidi, fino alla conquista araba.
Dal VII sec. d.C. al XVI sec. d.C., l’Iran passa sotto il controllo degli Arabi, a cui seguiranno i Turchi Selgiuchidi e i Mongoli: sebbene non esistesse una Persia indipendente, gli abitanti dell’altopiano continuavano a essere chiamati Persiani in Europa, così come continuavano gli scambi commerciali, soprattutto grazie alla “Via della Seta”, che attraversava l’Iran nel percorso verso la Cina.
Soltanto con i Safavidi – che governarono due secoli – si tornò a parlare della Persia anche come Stato indipendente;
il momento in cui gli abitanti dell’Iran abbracceranno la confessione sciita; la capitale Esfahàn, descritta come “Venezia d’Oriente” dagli stessi ambasciatori della Repubblica di Venezia.
Ai Safavidi segue la dinastia azera dei Qajàr: inizia un periodo di indebolimento dell’impero a opera dei Russi a nord, e degli Inglesi a sud, sancito dall’accordo anglo-russo del 1907, in cui si spartiva la Persia in due sfere di influenza.
Con la nascita dell’Iraq a ovest, con la perdita dell’isola di Bahrein a sud, vengono definiti i confini attuali dell’Iran, neutrale durante il primo conflitto mondiale. Dopo la Prima Guerra Mondiale, i confini della Persia coincisero con quelli dell’attuale Iran. Nel 1925 Reza Khan divenne shah (re), dando vita all’ultima dinastia regnante, i Pahlavì. Inizia una politica nazionalista, mirata alla modernizzazione della Persia dal punto di vista economico-sociale – su modello del contemporaneo Ataturk – attraverso la delegittimazione del clero, la sanguinosa repressione delle tribù nomadi dell’Iran, il divieto alle donne di indossare il velo in luogo pubblico.
Reza Shah vuole un Paese moderno, anche sotto l’aspetto politico-sociale: nel 1935 cambia la denominazione dello Stato, da Persia a Iran. Non si tratta di un’innovazione, bensì della rievocazione di un nome antico, quasi mitico, dei popoli che abitavano l’intero altopiano; inoltre, il nome “Persia” più indicativo per gli Europei che per gli stessi “Persiani”. Reza Shah realizza una rottura con la tradizione geopolitica internazionale, imponendo il nome “Iran”, che racchiude tutti i popoli iranici e non soltanto gli Achemenidi. Ma Reza Shah sigla accordi di cooperazione economica-industriale con l’Italia e la Germania, suscitando nella Gran Bretagna la preoccupazione di un’alleanza con i Paesi dell’Asse. Preoccupazione che porter, nel 1941, all’invasione dell’Iran da parte dei Paesi Alleati, obbligando Reza Shah all’abdicazione e all’esilio. Salirà al trono il figlio, Mohammad Reza Pahlavì – l’ultimo shah –, che diventa portatore di una politica filo-americana. Con lo shah Mohammad Reza Pahlav, nel 1971, si assiste agli storici festeggiamenti dei 2500 anni di Impero Persiano: cerimonie nel lusso, sfilate in costumi d’epoca, rievocazioni storiche, rappresentazioni teatrali, giochi sportivi. Il tutto al cospetto dei Capi di Governo o delle ex Case regnanti di tutto il mondo, invitate alla celebrazione di un Iran che continua l’Impero Persiano, rivelando il legame inscindibile Iran-Persia.
La rivoluzione islamica segna il tramonto della monarchia in Iran, del nuovo impero di Persia; dal 1979 la denominazione ufficiale è Repubblica Islamica dell’Iran: iraniano è tutto ciò che la riguarda, mentre persiano è ciò che le appartiene – basta chiederlo a ogni iraniano.
Saman Javadi
Articolo pubblicato su “Il Piccolo”, bimestrale dell’Associazione Cardinal Ferrari della Compagnia di San Paolo (Milano) – pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2008.